Dieci anni son passati. Ci manchi tanto, mister…

Dieci anni, sono passati già dieci anni. Eppure sembra ieri. Era il 2 luglio del 2009 quando alle 9 del mattino più di 500 persone si radunavano nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a Bordighera Alta per dare l’ultimo saluto a Luigi Cichero, stroncato a 57 anni da un male incurabile. E mentre don Marco Gasciarino celebrava il rito religioso, attorno al feretro coperto da due bandiere biancoazzurre, sfilavano i suoi ex compagni di squadra e i tanti talenti, diventati ormai adulti, che lui aveva svezzato sui campi di calcio della ridente cittadina matuziana: tra gli altri si confondevano tra la folla i vari Scaburri, De Luca, Adriano, Moroni, Calabria e Baldisseri, tutti affranti, con gli occhi lucidi e a capo chino.

Sono passati dieci anni, ma nessuno qui può dimenticare quello che Luigi Cichero ha fatto per la Sanremese. Lui che era nato a Pasturana, in provincia di Alessandria, il 25 febbraio del 1952, e che nella città dei fiori si era trasferito nel 1977, reduce da tre buone stagioni nel Sestri Levante in serie D. Buon calciatore, di professione stopper, di quelli rudi e arcigni che oggi non esistono più: della serie “o passa la palla o passa la gamba, entrambe no!“, si diceva una volta.

Cichero è stato il baluardo difensivo della Sanremese per tredici stagioni, fino al 1989/90. Dopo il fallimento del 1987, attorno alla sua figura, nella duplice veste di giocatore e allenatore, la Sanremese ripartì, arrivando piano piano, in dieci anni, dalla Terza Categoria fino in serie C/2. Appesi gli scarpini al chiodo nel 1990, dopo la vittoria del campionato di Prima Categoria, dalla Promozione in poi Cichero si è dedicato solo alla panchina. Laureato in Scienze Politiche, diplomato a Coverciano, è stato un innovatore. Amava il 4-4-2, curava ogni dettaglio, si informava sugli avversari e dispensava consigli ai suoi ragazzi sull’alimentazione e sulla preparazione fisica. Cichero insomma per il calcio biancoazzurro è stato un autentico pilastro, un punto di riferimento. Chissà senza di lui cosa sarebbe successo in quella triste estate del 1987, quando la Sanremese, sommersa dai debiti, sembrava non interessasse più a nessuno.

I suoi capolavori restano il campionato 78/79 con la promozione in C/1 ottenuta da calciatore, e la vittoria da allenatore del campionato di Eccellenza 95/96, concluso con l’incredibile ruolino di 24 vittorie, 6 pareggi e 0 sconfitte. Anche se, lo stesso Cichero, amava ricordare spesso con i suoi amici più cari il successo per 1-0 contro l’Imperia 87 nello spareggio per accedere alla Seconda Categoria. Una gara al cardiopalmo, giocata allo Sclavi di Arma nel maggio del 1988, e decisa durante i tempi supplementari da una prodezza dell’imperiese (ironia della sorte ndr) Di Mari, che aveva fatto letteralmente esplodere il gran pubblico presente. Quel trionfo molto sofferto fu fondamentale per la rinascita dell’intero movimento calcistico cittadino. Cichero lo sapeva bene e non poteva fare a meno di rammentarlo a tutti.

L’ultima volta che il mister di Pasturana si è seduto sulla panchina della Sanremese è stato nella stagione 2002/2003. Tante sono state le sue scoperte, tanti i calciatori che con lui sono diventati uomini e hanno capito che il calcio non è un semplice gioco, ma una cosa serissima. Durante tutto l’arco della sua vita, Cichero è stato un grande uomo di sport e si è fatto rispettare da tutti con il suo inconfondibile aplomb e con la sua grande professionalità, abbinata ad una sensibilità e un attaccamento ai colori fuori dal comune. Insieme con Mario Ventimiglia e Ceci Von Mayer resta una delle figure più significative della storia biancoazzurra.

A dieci anni dalla sua scomparsa bisogna ripartire da lui e dal suo ricordo se si vuole provare ancora una volta a tornare grandi.

Fabrizio Prisco